Pinto: Qual è la ragionevole durata del processo

La durata del tempo “ragionevole” deve tenere in considerazione diverse circostanze tra cui la complessità del procedimento ed il comportamento delle stesse parti e del giudice.
Sicché l’eccessiva domanda di risarcimenti ha spinto il legislatore ha riformare la materia apportando numerose modifiche, introdotte dal D.L.8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni nella L. 6 giugno 2013, n. 64 e dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134. Tutte queste innovazioni non hanno fatto altro che inserire diversi “cavilli” con il malcelato tentativo di scoraggiare l’inoltro di ulteriori domande. Nonostante l’introduzione di questi “cavilli”, è ancora possibile ottenere diverse migliaia di euro come indennizzo per essere stato parte di un procedimento eccessivamente lungo.

L’individuazione degli ambiti temporali il cui superamento determina l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dalla “Legge Pinto” fa oggi riferimento a dei parametri fissi.

La giurisprudenza prima ed il legislatore poi (in conferma vedi il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) hanno statuito che è adeguato un limite massimo di durata triennale per il procedimento di primo grado, biennale per il giudizio d’appello e annuale per quello in Cassazione.

Il processo di primo grado non può, perciò, durare più di 3 anni, quello di appello più di 2 e quello di legittimità avanti la Suprema Corte deve durare al massimo 1 anno.
Quando si superano queste soglie temporali il processo è ritenuto di durata irragionevole e la Legge Pinto prevede che lo Stato sia sanzionato.

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