Legge Pinto: il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

Il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
Legge Pinto e preclusioni alla luce della legge di stabilità 2016

La Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali è una convezione internazionale sottoscritta in seno al Consiglio d’Europa e ha come scopo quello di riconoscere e tutelare i diritti più importanti dell’Uomo.

La tutela prevista dalla CEDU è “effettiva” in quanto è stata prevista, negli anni ’50, la creazione anche di un organo giurisdizionale ad hoc, la Corte Europea, con sede a Strasburgo, competente a conoscere dei ricorsi presentati non solo dagli Stati aderenti alla CEDU, bensì anche dalle persone fisiche che vedono lesi i diritti riconosciuti dalla Convenzione. Anche l’Italia ha aderito alle disposizioni contenute nella CEDU, ratificandola e dandone esecuzione nell’ordinamento interno attraverso la Legge n. 848/55. A partire da quel momento, il nostro ordinamento si è conformato a quanto previsto a livello europeo, riconoscendo la possibilità di adire la Corte nel caso in cui vengano violati i diritti riconosciuti e tutelati dalla Convenzione e aventi efficacia per tutti i Paesi aderenti alla stessa.

Il ricorso alla Corte Europea di Strasburgo ha avuto, nel corso degli anni, uno sviluppo inaspettato: diverse sono state le sentenze emesse dalla Corte e che hanno coinvolto lo Stato italiano, creando una giurisprudenza di tutto riguardo, la cui osservanza è stata sin da subito oggetto di monito per i giudici nazionali. Diversi i diritti enunciati dalla CEDU che meritano di essere richiamati: il diritto alla vita; il diritto alla libertà e alla sicurezza personale; il diritto alla libertà di pensiero e di opinione, di riunione e di associazione; il diritto ad un’equa amministrazione della giustizia.

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