Il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense, avv. Luigi Pansini interviene sulla pronuncia n. 88 della Corte Costituzionale depositata il 26/04/2018.
Ammissibili i ricorsi in pendenza di processo presupposto. Illegittimità costituzionale dell’art. 4.
“Bene l’intervento della Corte Costituzionale che, con la pronuncia n. 88 di ieri, va a colmare le lacune e le storture della ‘Legge Pinto’ sui ritardi dei processi, ma il fatto che la Corte debba intervenire quasi a supplenza del legislatore non restituisce un’immagine confortante dello stato della giustizia in Italia. Infatti secondo i giudici della Consulta, la legge Pinto è costituzionalmente illegittima là dove non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento in cui è maturato l’irragionevole ritardo. La legge, anziché prevenire i processi lunghi e rimediare agli effetti delle lungaggini, non offriva alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare”.
Continua il segretario:
La pronuncia della Corte – continua Pansini – riaccende il faro su una situazione che ANF denuncia da anni: in questi anni non solo si sono susseguiti provvedimenti, dapprima, sul processo civile e, poi, su quello penale dalla dubbia efficacia ed utilità, ma il legislatore, con la legge di stabilità 2016 che ha novellato la legge Pinto, ha addirittura introdotto rimedi preventivi a carico della difesa senza che ad essi corrispondano obblighi del giudice ad evaderli e previsto il dimezzamento degli importi degli indennizzi per la durata irragionevole dei processi, confermando così un’attenzione verso il sistema giustizia del nostro paese dettato più dall’emotività dei numeri e delle statistiche che da una razionale e ponderata visione d’insieme.
“Salvo poi accorgersi che le maggiori risorse stanziate a fine legislatura, sia pure centellinate, incideranno più dei continui e scomposti interventi sulle regole processuali di questi anni. L’idea di una giustizia lumaca, non dobbiamo dimenticarlo, è frutto anche di una distorta interpretazione e rappresentazione dei numeri e della mole dei procedimenti pendenti, che sono costituiti, nel civile ad esempio, anche da decreti ingiuntivi, procedimenti di volontaria giurisdizione diversi da quelli di competenza del giudice tutelare, separazioni consensuali, nomine di amministratori giudiziari di condominio”.
In conclusione:
“Stralciando dai numeri complessivi quelli relativi a procedimenti seriali e di volontaria giurisdizione, sarebbe possibile concentrare le risorse laddove oggi realmente utili, esattamente i procedimenti a rischio ‘legge Pinto’, ottenendo così un funzionamento della giustizia più affidabile, tale da generare nel cittadino e nelle imprese un sentimento di fiducia e non di smarrimento”.