Applicazione della Legge Pinto al Processo Amministrativo

È possibile garantire il diritto ad un equo indennizzo per tutti coloro che hanno dovuto affrontare un processo di durata irragionevole?
La legge Pinto (legge n. 89 del 24 marzo 2001) riconosce a coloro che hanno dovuto affrontare un processo amministrativo di eccessiva lunghezza la possibilità di richiedere un’equa riparazione per il danno di natura patrimoniale e non.


In buona sostanza, si tratta di uno strumento processuale approntato dal Legislatore volto a combattere il fenomeno dell’eccessiva lunghezza temporale dei processi in Italia.


Premettiamo, fin da subito, che per durata ragionevole di un processo di primo grado di giudizio si reputano ragionevoli 3 anni, due anni per il processo di secondo grado e 12 mesi per il grado di legittimità.
Per le procedure concorsuali si considerano di durata ragionevole i termini di 6 anni, mentre per i procedimenti di esecuzione forzata si considerano tre anni.

Legge Pinto al processo amministrativo: chiarimenti utili

La “Legge Pinto” (legge 89/2001 e successive modifiche), ha affermato nel quadro normativo nazionale un principio già riconosciuto in ambito comunitario dall’art. 6 CEDU: il riconoscimento di un’equa riparazione alle parti processuali a seguito della lesione del loro diritto alla definizione del processo amministrativo in un termine ragionevole.

Legge Pinto: legittima la richiesta in pendenza di giudizio

La legge Pinto è costituzionalmente illegittima nella parte in cui esclude la proponibilità dell’azione per equa riparazione in pendenza del giudizio.

C. Cost., sentenza 26 aprile 2018, n. 88

La Corte Costituzionale interviene sulla legge Pinto con la sentenza n. 88 del 26 aprile 2018 si è pronunciata in merito alla illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89 in materia di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile.

l’art. 4 della L. 89/2001 (cosiddetta legge Pinto), viene censurato nella versione che prevede che “la domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva”.

La sentenza richiamata: alcuni ricorrenti si erano rivolti alla Corte d’appello per ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale sul presupposto dell’irragionevole durata del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio definito con decreto reso in data 14 gennaio 2013.

Tale domanda era stata dichiarata dall’adita Corte inammissibile,  i ricorrenti pronunciavano  quindi opposizione sebbene l’orientamento fosse confermato dalla medesima Corte d’appello sul presupposto che il decreto di perenzione amministrativa non fosse divenuto definitivo.

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Il Mef attiva un numero dedicato alle pratiche relative alla Legge Pinto ed alle sentenze CEDU

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha attivato il numero 06.4761.5587 a cui i cittadini che hanno proposto un ricorso ex Legge Pinto possono chiamare. Gli operatori sono stati formati per dare tutte le informazioni sui pagamenti relativi agli indennizzi a titolo di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole di durata dei processi (Legge Pinto) ed a quelli maturati a seguito di pronunce di condanna emesse dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per l’inosservanza dei diritti sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Orari del Contact Center dell’Ufficio X:

dal lunedì al venerdì: dalle ore 9:00 alle ore 12:30.

Martedì, mercoledì e venerdì dalle 15:00 alle 17:00.

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Se ritiene di aver subito o di subire un procedimento dalla durata irragionevole, ed hai intenzione di proporre ricorso per ottenere il dovuto risarcimento, chiama il numero verde 800-973078. Riceviamo presso lo Studio Legale in Bari.

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Durante il primo colloquio valuteremo l’effettiva possibilità di ottenere il risarcimento previsto dalla legge Pinto e/o ricevere informazioni al riguardo.

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Pansini (ANF): Plauso per l’intervento della Corte Costituzionale sulla Legge Pinto

Il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense, avv. Luigi Pansini interviene sulla pronuncia n. 88 della Corte Costituzionale depositata il 26/04/2018.
Ammissibili i ricorsi in pendenza di processo presupposto. Illegittimità costituzionale dell’art. 4.

“Bene l’intervento della Corte Costituzionale che, con la pronuncia n. 88 di ieri, va a colmare le lacune e le storture della ‘Legge Pinto’ sui ritardi dei processi, ma il fatto che la Corte debba intervenire quasi a supplenza del legislatore non restituisce un’immagine confortante dello stato della giustizia in Italia. Infatti secondo i giudici della Consulta, la legge Pinto è costituzionalmente illegittima là dove non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento in cui è maturato l’irragionevole ritardo. La legge, anziché prevenire i processi lunghi e rimediare agli effetti delle lungaggini, non offriva alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare”.

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Legge Pinto: quali benefici dalla sua introduzione

La Legge Pinto come noto veniva approvata nel 2001, (anche) per scongiurare la mole sempre più imponente di ricorsi alla Corte dei diritti dell’uomo per l’eccessiva durata dei processi.

Il primo risultato non voluto è che con il crescere dei ricorsi e dell’accumularsi degli oneri dovuti dallo Stato aumentava l’allarmismo dei presidenti delle Corti d’appello d’italia, tanto che già nel 2010, per esempio, l’allora presidente della Cassazione Vincenzo Carbone già considerava improcrastinabile una revisione delle norme di pochi anni prima. Questi segnalava che i ricorsi pententi in poco tempo avevano toccato il numero di 37.393, dato in costante crescita tanto da mettere in seria difficoltà la struttura.

Da questa analisi nascevano le prime “riforme” tutte tese a circoscrivere e limitare l’impatto della norma e gli effetti anche contravvenendo agli orientamenti consolidati previsti dalla Cedu

Tali “riforma” il cui culmine si è avuto con la LEGGE DI BILANCIO  26 novembre 2017 hanno avuto l’effetto da un lato di comprimere le richieste e le relative liquidazioni dall’altro di “stimolare” gli uffici giudiziari a ridimensionare l’arretrato. Apice di questa tendenza con la c.d. “ricetta Barbuto” che ha sollecitato gli uffici giudiziari civili a concentrare gli sforzi di smaltimento delle cause a rischio Pinto. In questi anni l’arretrato ultratriennale dei tribunali civili è sceso di oltre il 38%, passando da quasi 650mila casi pendenti a 403mila. Gli affari ultrabiennali in appello sono passati da 198mila a 126mila, una riduzione del 37 per cento.

I dati resi nel corso del 2018 vedono per la prima volta dal 2015 il debito dello Stato nei confronti dei cittadini per indennizzi Pinto scendere.

Tale risultato è stato possibile sia per il minor numero di richieste presentate sia per la ridistribuzione delle competenze. Inoltre, per l’arretrato è stata creata una task force presso la Banca d’Italia, in ultimo sono state ridotte le cause a rischio indennizzo.

Grazie a questo lavoro il debito si è ridotto da 456 milioni a 336 milioni, un taglio del 27 per cento. Inoltre, come logica conseguenza, di tale piano si è avuta una riduzione dell’80% dei ricorsi in ottemperanza davanti al giudice amministrativo, oltre che azioni esecutive.

Di questi risultati non c’è ad ogni modo da rallegrarsi perché la giustizia italiana rimane una delle più lente in Europa e se il numero di cause è diminuito è anche grazie all’aumento dei costi di accesso alla giustizia sempre più gravoso.

Quanto alla Legge Pinto anche la riduzione del numero di ricorsi proposti è da ritrovarsi nell’inserimento di una serie di sbarramenti introdotti a seguito dell’ultima riforma, già dichiara in alcune sue norme incostituzionale. Uno su tutte il limite di richiesta di indennizzo in corso di giudizio.

In ultimo ci si attende una riforma sistemica della giustizia e degli organismi tanto da ridurre i tempi senza rinunciare ad una giustizia efficace ed attenta ai cittadini.

Fonte dati: Sole24Ore

La Legge di Stabilità 2016 “ridimensiona e svuota” la Legge 24 marzo 2001, n. 89 (L. Pinto)

Nuova mannaia sui diritti dei cittadini, la già riformata (dal Governo Monti) L. Pinto viene nuovamente ritoccata dalla L. Di Stabilità 2016, la quale comprime ulteriormente i benefici a favore dei richiedenti.

Le ragioni di questo intervento vengono spiegate dallo stesso art. 777, la quale così introduce la riforma: “Al fine di razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi….”

Introduzione del concetto di “Rimedi preventivi”

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Chi paga ? La Banca d’ Italia entro 120 giorni

Il Direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, e il Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, Antonio Mura, il 18 maggio 2015 hanno firmato un accordo di collaborazione finalizzato ad accelerare i tempi per il pagamento da parte dello Stato degli indennizzi ai cittadini lesi dall’eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, cosiddetta legge Pinto).

L’accordo intervenuto tra il Ministero di Giustizia e la Banca d’Italia ha lo scopo di consentire di superare la beffa di vedersi riconoscere una somma come equo indennizzo per l’irragionevole durata di una causa e dover attendere diversi anni perché quella somma venga poi effettivamente liquidata.

Per comprendere come stanno le cose, basti pensare che ad oggi lo Stato Italiano ha un debito nei confronti dei cittadini di circa 450 milioni di euro.

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